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Spesso a Spasso

  • Immagine del redattoreFugainFamiglia

Pizzo Erra



Pizzo Erra, una terrazza sull’alto Ticino


Altra giornata estiva in cui ci si sveglia al mattino il tempo non è dei migliori… cosa vogliamo fare, buttare via una giornata? Sia mai! Decidiamo di affrontare il Pizzo Erra, una vetta che vediamo dal nostro giardino con occhi curiosi ma che non abbiamo mai conquistato. Seguiamo la strada che da Lavorgo sale in direzione di Calonico. Attraversiamo il paesino e ci dirigiamo fin dove ci porta la strada passando per Angone, attraversiamo un pascolo di mucche che non accennano a spostarsi nonostante il nostro transito, oltrepassiamo un bosco di larici che ci ricorda in qualche modo Boscobello, in Val Piumogna (hai già letto il nostro articolo)




e arriviamo finalmente al rifugio Pizzo Erra (2200 msm): un edificio in muratura che funge da rifugio per gli operai che si occupano dei ripari valangari. Lasciamo l’auto proprio qua, in un piazzale sterrato, e ci incamminiamo.

Si parte!



Il sentiero è tutto in salita: se il primo tratto è una comoda strada sterrata, poco dopo imbocchiamo un sentiero di montagna seguendo le indicazioni Pizzo Erra dipinte sui sassi. In breve tempo ci ritroviamo nel bel mezzo dei ripari valangari che dobbiamo attraversare e possiamo toccare con mano. I bimbi, ma non solo, ne approfittano per sedervisi sopra e riprendere il fiato.


Questi ripari sono stati costruiti poiché nel 1667 una grossa valanga staccatasi da un pizzo poco distante distrusse parte del villaggio di Anzonico causando la morte di una novantina di persone. La salita è un continuo zig-zag su sentiero di montagna a tratti molto sassoso. Ci troviamo quindi a saltare da un sasso all’altro nella speranza che siano ben fermi! Ogni scusa è buona per fermarsi a riprendere fiato e, a dirla tutta, inizio a sentire le vertigini e le gambe iniziano a tremare! Ci fermiamo quindi presso un piccolo laghetto artificiale creato dagli operai che costruiscono i ripari valangari e ammiriamo il panorama. La salita dura circa 40 minuti.


Siamo quasi arrivati! Percorriamo gli ultimi metri che ci separano dalla vetta e quando raggiungiamo la meta abbiamo di fronte a noi uno spettacolo di rara bellezza… ci troviamo a 2416 msm con una vista a 360° che spazia dalla Valle di Blenio, passando per la Riviera, uno scorcio di Bellinzonese, per poi concludersi su tutta la Valle Leventina. Si vedono anche, tra le altre vette, il Pizzo Forno e l’Adula. Spettacolo!



Sulla sommità del pizzo è stata installata una scultura di ferro opera dell’artista Mendrisiense Paolo Selmoni. Ai piedi di questa scultura si trova una gamella militare che custodisce il libro con le dediche, nel quale Matteo si occupa di lasciare un segno del nostro passaggio.


Scattiamo qualche foto e ci fermiamo per gustare il meritato pranzo al sacco. E… via! Foto e video inviati ad amici e parenti per condividere questo traguardo in diretta!






Riprendiamo il sentiero che abbiamo svolto per la risalita e ci incamminiamo verso il rifugio che ci permetterà di raggiungere l’auto per tornare a casa. Bilancio generale: la passeggiata è tutta in salita, i nostri bambini l’hanno percorsa interamente. Vi sono alcuni tratti un po’ pericolosi dove è necessario tenerli per mano. Consiglierei questa uscita ai bambini dai sei-sette anni a dipendenza delle loro abitudini in montagna. L’anello debole della catena questa volta sono stata io perché, colta dalle vertigini, ho un po’ sofferto alcuni tratti. Meno male che avevo Eleonora che mi elencava tutti i sassi traballanti ed Emanuele che ad ogni passaggio ostico si fermava a darmi la mano! W la famiglia, sempre!



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